La storia di Ugo
Ugo
cominciò a bere a causa di una delusione amorosa. Era ancora giovane, quasi
adolescente, nei primi anni del 1900. Mi raccontò la sua storia, il Padre,
molto anziano ma, ancora in piena attività, che vive tutt'oggi con la moglie, (
Teresa ) di 25 anni più giovane, nella zona del lago Sella Superiore, sotto il
Matto, nel Vallone del Meris, da S.Anna di Valdieri in Valle Gesso. Ebbi il grande privilegio, di incontrare Lino
( il Padre appunto ), una quindicina di anni or sono, per puro caso. Eravamo a
caccia di Cirmoli, nel Vallone del Latus, sotto la punta del Matto. Il nostro incontro fu qualcosa di memorabile, che mi cambiò la vita.
Quel giorno partii all’alba, con lo zaino grosso e gli scarponi buoni, quelli per camminare bene anche fuori sentiero. L’aria era fredda e pungente, da prime gelate settembrine. Quando arrivai al grande pianoro del “ Gias del Prato”, salendo nel Vallone del Meris, il sole grande e arancione sbucava alle mie spalle. Lo spettacolo è il solito e impareggiabile, di chi ha voglia di partire presto al mattino. Presi acqua alla sorgente in mezzo ai grandi massi nei pressi del Gias. Camminavo spedito, guardando continuamente le pareti
alla mia sinistra. Vedevo i cirmoli lassù e sognavo già il pezzo giusto per qualche scultura. Questo era il mio obiettivo, riempire lo zaino di pezzi di cirmolo ( pino cembro). Ma pezzi già selezionati dal tempo, staccati da un fulmine o trascinati a valle da una valanga. Non taglierei mai un cirmolo vivo, sarebbe come tagliare me stesso. Intanto arrivai al rifugio Livio Bianco. Il camino fumava. La brezza accarezzava l’acqua del bellissimo Lago Sella di fronte al rifugio. Alle spalle del rifugio seguii una traccia di sentiero che porta ad un piccolo pianetto alberato, da cui comincia un’antica mulattiera di caccia abbandonata, che va in direzione sud-est , puntando le imponenti pareti del versante nord-est del Matto. Dopo alcuni tornanti arrivai sul ciglio di una conca tra larici isolati, dove c’è un primo piccolo laghetto. Poi dopo una valletta erbosa, salii su un costone da cui mi apparve tutto il corso del Vallone del Latous.
Quel giorno partii all’alba, con lo zaino grosso e gli scarponi buoni, quelli per camminare bene anche fuori sentiero. L’aria era fredda e pungente, da prime gelate settembrine. Quando arrivai al grande pianoro del “ Gias del Prato”, salendo nel Vallone del Meris, il sole grande e arancione sbucava alle mie spalle. Lo spettacolo è il solito e impareggiabile, di chi ha voglia di partire presto al mattino. Presi acqua alla sorgente in mezzo ai grandi massi nei pressi del Gias. Camminavo spedito, guardando continuamente le pareti
alla mia sinistra. Vedevo i cirmoli lassù e sognavo già il pezzo giusto per qualche scultura. Questo era il mio obiettivo, riempire lo zaino di pezzi di cirmolo ( pino cembro). Ma pezzi già selezionati dal tempo, staccati da un fulmine o trascinati a valle da una valanga. Non taglierei mai un cirmolo vivo, sarebbe come tagliare me stesso. Intanto arrivai al rifugio Livio Bianco. Il camino fumava. La brezza accarezzava l’acqua del bellissimo Lago Sella di fronte al rifugio. Alle spalle del rifugio seguii una traccia di sentiero che porta ad un piccolo pianetto alberato, da cui comincia un’antica mulattiera di caccia abbandonata, che va in direzione sud-est , puntando le imponenti pareti del versante nord-est del Matto. Dopo alcuni tornanti arrivai sul ciglio di una conca tra larici isolati, dove c’è un primo piccolo laghetto. Poi dopo una valletta erbosa, salii su un costone da cui mi apparve tutto il corso del Vallone del Latous.
Continuai a salire tenendomi a sinistra del Vallone, guardando dall’alto,
un secondo bellissimo laghetto, adagiato in una conca detritica più in basso a
destra. Intanto la caccia era
cominciata. Avevo impugnato lo scalpello, che mi porto sempre nello zaino,
per “assaggiare” i pezzi di legno che
trovo per strada. ( Per distinguere un cirmolo da un altro legno … solitamente
larici, abeti rossi, abeti bianchi, pini mughi, ingrigiti dal tempo, io uso il metodo del profumo. Cioè do 3 o 4 colpi di sgorbia, fino ad
arrivare ad 1 o 2 cm, o anche più, in profondità e poi annuso il legno. Il metodo è infallibile senza per forza avere un
naso da segugio. Il profumo del cirmolo
è unico e indistinguibile e meraviglioso). Questa è la caccia più bella che io
conosca .
Adocchiai diversi pezzi interessanti, e come sempre, li deposi in luoghi visibili e
riconoscibili per raccoglierli al ritorno. Intanto mi spostavo qua e la, tra
pietre e pietroni , con lo sguardo sempre a cercare legni in lontananza , e
senza guardare bene in che posti mi andavo a infilare. Come quando si cerca il
genepì, per intenderci. Mi trovai alla
base di un grosso pietrone , lo aggirai verso destra, con le spalle alla roccia,
vedevo il Lago Sella e il rifugio, bellissimi!
Intanto mi era venuta sete, e pensai allo
zaino, che avevo lasciato più indietro, per muovermi meglio, assieme a 3 pezzi
di legno piccoli trovati poco prima. Dal
punto in cui ero però, non lo vedevo, e così, decisi di salire sulla destra del
masso enorme, color della ruggine. Salii carponi, su un pendio molto ripido di
sfasciume di rocce. Faticando un po’ arrivai su una piccola cengetta erbosa, e
alla mia vista, rasente il terreno, apparve un tesoro, un vero tesoro! Una bellissima sensazione! Un pezzo di legno argentato, sottile, piu
lungo di un metro che assomigliava ad una grande ala. Sanissimo senza un segno
di marciume, le vene scanalate dal tempo, bellissimo! Un’opera che la natura ha
realizzato magari in 10 anni. Valeva la pena essere arrivati fin lassù solo per questo.
Presi la sgorbia dalla tasca dietro e la avvicinai al pezzo, cercando un punto
nascosto per provare “ l’assaggio”. Non aveva neppure un granello di polvere, e
fu lì che notai qualcosa di strano. Aveva un forellino tondo ad un’estremità ,
ma tondo preciso, e non fatto di fresco, già ingrigito anche lui. Un diametro di 6/7 mm. Capovolsi il pezzo , per guardarlo
dall’altra, e qui rimasi veramente di stucco!!
C’era una lettera L , vicino al
foro, intagliata alla perfezione … Mi sedetti a terra guardando fissa questa
lettera. Mi continuavo a chiedere chi diavolo fosse e perchè qualcuno aveva intagliato una lettera su un pezzo di cirmolo,
a quasi 2500 m di quota ? E forse
aveva fatto anche il foro li vicino ?
Cercai intorno se trovavo altri pezzi
simili, se ci fosse un qualche segno, una qualche traccia, ma niente. Presi il pezzo e mi avviai a cercare lo zaino.
Lo trovai dove lo avevo lasciato. Presi
la borraccia, che sete! … e un panino. Aaah
… la fame che viene ad andare in montagna … Il rito del panino guardando i
monti all’orizzonte è sempre una delle cose più belle che si possano fare.
Meditavo e masticavo e il mio sguardo cadeva qua e là. Spostai lo zaino per
guardare i tre pezzi di legno che avevo recuperato prima. Stupore! … erano due.
Eppure ero sicuro che fossero tre. O la mia testa perdeva qualche colpo, o era
la giornata degli scherzi. Bah … Guardai
dentro lo zaino se per caso uno l’avessi messo lì, ma niente, forse ne avevo
presi solo due, bah … Mangiai ancora un
pezzo di cioccolato fondente con le nocciole intere, dopodiché misi a posto lo
zaino con i due pezzi di legno, e decisi di salire ancora all’ultimo laghetto
poco sopra. Il pezzo con la lettera intagliata decisi di lasciarlo lì,
nascondendolo un po’ … per precauzione. Arrivai al laghetto, in una conca stupenda, un posto solitario tra prati e rocce,
selvaggio, ma pittoresco e magnifico. Feci vari assaggi e recuperai vari bei pezzi per una buona mezz’ora. Lo
zaino era colmo e stracolmo e decisi di scendere e recuperare il pezzo
importante abbandonato prima, e tornare a casuccia….
A volte
l’immaginazione fa brutti scherzi, oppure belli, a seconda. Dove stia
esattamente il confine con la realtà, non
sempre riesco a capirlo. Forse successe davvero oppure fu solo un sogno. Questo
non mi è affatto chiaro. Lascio quindi a voi pensar ciò che volete . Di lì in
poi la magia prese il sopravvento e non mi ha ancora abbandonato. Il panorama
scendendo era magnifico, le nuvole erano rimaste lontane. Il cielo terso era splendido. Arrivai nei
pressi del mio “ tesoro grigio”… Porca puzzola!! Non c’era più!! Qualcuno mi aveva fregato il pezzo. Ad un tratto sentii cadere delle pietre da una
parete rocciosa poco più in alto di me. Mollai tutto e mi misi a correre inseguendo il rumore. Il
mio cuore era al massimo e dovetti fermarmi perchè non ce la facevo più. Appoggiai
le mani al suolo per riprendere fiato e sentii un urlo!! Nooooooo!!!! Vidi il mio pezzo di legno precipitare. Rimbalzò su di una sporgenza rocciosa allontanandosi
dalla parete e cadde su un cespuglio di pini mughi. Si salvò per miracolo, soltanto qualche
graffio. Notai un moncone strappato di
cordicella annodata nel buco. Non era una corda normale, era fatta con erba
intrecciata. In quell’istante dall’alto sentii di nuovo una voce : “ Quel pezzo
di cirmolo è mio!” . Rimasi
di gesso! Non vedevo nessuno lassù, ma presi coraggio , e risposi: “ mio di chi? ”.
Ci fu di nuovo un lungo silenzio, e poi la voce rispose: “ Non ti preoccupare …
puoi lasciarlo li, e andartene ”. La sensazione che
provai in quel momento, fu un misto di curiosità e paura. Mi feci nuovamente coraggio e domandai: “ Ma sei tu che hai intagliato la
lettera L ?”. Non tardò la risposta: “ Si sono io! “. Pensai che forse era meglio togliere il disturbo,
ma dentro di me la curiosità cresceva a dismisura. Non sapevo che fare e che
dire, ma volevo vedere quel tizio. Fu un giorno strano, pieno di colpi di
scena, ma il colpo più grosso, di lì a poco arrivò. La voce si fece nuovamente sentire
alle mie spalle: “ Allora non mi hai detto a cosa ti servono quei pezzi di
legno che scavi con lo scalpello …”. Mi girai, e questa volta fu incredibile,
stupefacente, irreale, difficile da interpretare . Come posso fare a descrivere
un essere del genere? …..
Scarpe
di pelo grigio, come non ne avevo mai viste, calzettoni chiari, lanosi e
spessi. Un abito tipo monaco, lungo fin
sotto al ginocchio, senza bottoni o aperture, di color grigio marrone. Un
cinturone robusto che sembrava di cuoio. Le maniche risvoltate all’avambraccio
facevano intravedere le sue braccia, che mi fecero paura. Aveva mani enormi
rispetto al corpo , lunghe come la distanza tra il polso e il gomito, robuste,
forzute e muscolose. Un barbone grigio, quasi bianco, leggermente
attorcigliato, che gli arrivava fin sotto al cinturone, due grandi occhi azzurri come il cielo, viso rugoso e
pelle scura scanalata dal tempo, ma un aspetto sano, di chi sta all’aria aperta. Fronte alta e stempiata, i capelli erano
ondulati, legati dietro in una sorta di codino. Uno sguardo deciso e saggio,
che mi catturò subito. Poi c’era ancora
un piccolo particolare, nell’essere descritto in questione … dalle scarpe alla testa, non arrivava ai 30
cm … Fu così che conobbi“ Lino”. Il Padre di Ugo.
Era
incuriosito dal fatto che uno come me andasse a caccia di pezzi di cirmolo come
faceva lui. Gli spiegai che lavoravo il legno, già da un po’ di tempo e cercavo
pezzi lassù per far delle sculture. Lui
mi disse che con la scultura non se la cavava molto, ma nell’intaglio si.
Sapeva decorare il legno intagliando, e lo faceva spesso sulle porte delle
abitazioni che costruiva. Parlammo a lungo dei nostri lavori, scambiandoci
opinioni e malizie, ero veramente affascinato dalla sua sapienza, che era
davvero tanta, per cui ad un certo punto gli feci una domanda:
” Ma tu, da quanto tempo fai questo lavoro? “.
“ Hee… saranno almeno 315 anni … “.
“ Cosa ??
Mi prendi in giro ?! “ .
” Beh… sai adesso lavoricchio… perché i 332 si
fanno sentire, ma la voglia di cercare pezzi di cirmolo non riesco a farmela
passare “.
“ A beh ! Hai solo 300 anni
giusti più di me …” .
E lui rise divertito. Io ogni tanto mi davo un
pizzicotto, per capire se ero ancora nel sogno o meno, ma lui era sempre li
davanti che parlava. Poi di colpo si intristì e mi disse:
“ Fino a qualche anno fa, mio
figlio Ugo mi aiutava. Ha le mani d’oro per questo lavoro, ma ora le usa solo
per “ alzare il bicchiere”.
“ Come sarebbe alzare il bicchiere
? “.
“ Questa è una lunga storia. Ugo
ha un amico disgraziato come lui, che abita nei boschi del Vallone della
Valletta. Questo rubacchia il vino qua e là in Valle stura, nella prima cantina
che incontra. Poi si trovano al Lago Soprano della Valletta oppure al Lago
Sella Superiore e si prendono delle sbornie mitiche. Cantano a squarcia gola
tutta la notte … lasciamo perdere … Gli ho già salvato la vita una volta,
quando decisero di andare a cantare in mezzo al lago, su di una zattera
improvvisata “…..
Fu così
che Lino cominciò a parlarmi di Ugo.
Circa 5 anni fa furono chiamati a lavorare da una famiglia che viveva
nella zona del Passo di Cabrera. Dovevano risistemare alcuni arredi vecchi e
fare un rivestimento in cirmolo in una bellissima stanza. Era la stanza di una
ragazza di nome Chiaraluna. Quando Ugo la vide per la prima volta, in
quell’occasione, perse la testa completamente. Si innamorò perdutamente.
Incominciò a corteggiarla. Si mise a lavorare alla stanza di Chiaraluna pieno
di inventiva e creatività. Gli venne l’idea di incidere una cornice di fiori
attorno a una finestrella che si affacciava, con una vista mozzafiato, sul
Laghetto di Valcucca. Fu così che riuscì a conquistarla. Cominciarono così a
frequentarsi . Lei era molto appassionata di vestiti , di cucito. Faceva abiti
strepitosi, raccogliendo il pelo degli animali abbandonato in giro, faceva un
tessuto robustissimo, tipo feltro. E poi cuciva mille cose, cappelli, pantaloni,
gonne, camicette, insomma tutto il necessario. Di una qualità sopraffina. Erano
una coppia bellissima e affiatatissima . Ugo era sempre più stimolato nel
lavorare il legno, con idee sempre nuove e brillanti e il padre Lino era
contentissimo. Ugo e Chiaraluna erano sempre in giro tra i monti, e tra un
bacio e l’altro, raccoglievano materiali per Lei e legno per Lui e facevano
grandi progetti. Avrebbero voluto andare a vivere insieme nella zona del Lago
Sella Superiore. Dedicarsi alle loro grandi passioni e anche, soprattutto
mettere su famiglia. Trovarono un casa abbandonata nei pressi del grande Lago.
Su una parete rocciosa che domina il Lago, una balza erbosa faceva da ingresso
all’entrata di questa abitazione, tutta scavata nella roccia. Era molto grande e
aveva una fila di piccole finestrelle esposte al sole, che guardavano il lago. C’era
molto lavoro da fare per rimetterla in sesto, ma quando l’amore è così forte
non c’è ostacolo che ti possa fermare. La casa era stata abitata molti anni
prima da una coppia che non aveva avuto figli. Molto anziani prima di morire, si erano
spostati in Val Rossa. Lino mi raccontò
che nella primavera del 1987 incominciarono a lavorare alla casa. Veniva ogni
tanto a dare una mano anche Celestino, ( fratello di Ugo ) e Gino, l’amico per la pelle di Ugo. La rimisero
in sesto alla grande. Chiaraluna era felicissima. All’estate dell’anno
successivo i lavori erano quasi finiti. Ugo aveva cominciato ad
approvvigionarsi di legna per essere pronti
ad entrare nell’autunno successivo. Sul finire dell’estate però successe
qualcosa di strano. Chiaraluna non sembrava più così allegra e felice. Ugo
viveva male questa cosa, perché lei non dava spiegazioni. Si creò una tensione
tra loro, ed Ugo non trovava una spiegazione a questo stato d’animo. Era come
se di colpo tutti i progetti fossero diventati superflui. Sul finire del mese
di settembre scoppiò una gran litigata tra loro e Chiaraluna decise di
lasciarlo….
Passarono
mesi e Ugo, tristissimo, non riusciva più ad incontrarla. Lei non c’era mai,
sempre impegnata in qualcos’altro. A febbraio dell’anno successivo, la madre di
Chiaraluna, chiamò a casa Ugo per commissionargli un lavoretto. Lui non vedeva
l’ora di rivedere quegli occhi blu e quel sorriso bellissimo, che ormai sognava
da mesi. Quando entrò nella casa, con il cuore a mille, la vide ma non riuscì
ad incrociare il suo sguardo. Lei era schiva, neanche un sorriso. Si salutarono
ma non scambiarono una parola. Qualche settimana più tardi Ugo tornò con il
lavoretto per la Mamma di Lei che, quel giorno non c’era. Quando entrò in casa,
vide ciò che non avrebbe mai voluto vedere e potuto immaginare. Sorprese Chiaraluna
che si stava baciando con un altro. E
per lo più davanti alla finestra della cameretta dove Ugo, qualche anno prima, con un amore
smisurato aveva intagliato i fiori per lei. Fu un collasso emotivo devastante,
e senza neanche farsi vedere scappò via. Da quel giorno la vita di Ugo ha preso
una brutta piega. L’unica via per lui possibile è stata quella dell’alcool per
sopperire a questo dolore lancinante nel cuore. Non c’è verso di convincerlo a
smettere. Lino era molto preoccupato e con la tristezza nel cuore mi disse:
“ Spesso vaga ubriaco tra i
monti… sempre a rischio di cadere in qualche burrone, poi si apposta nella zona
del Passo per spiare Chiaraluna. Un po’ lo capisco, perché è veramente
bellissima, penso che potrebbe succedere a chiunque “.
Io: “ Ma non si può trovare una maniera per
distrarlo …? “
“ La sua unica distrazione in
questo momento è Gino … ( il ruba vino )… è finito dalla padella nella brace …”
Lino mi raccontò che i casi di
gnomi dediti all’alcool sono rarissimi e succedono esclusivamente per motivi
sentimentali come questo. Infatti Gino arriva da una storia analoga. Si sono
trovati spiazzati tutti e due e ora la affrontano così. Col tempo di solito
passano queste cose, mi disse Lino. Ma ora il loro tempo è questo e dobbiamo
solo sperare che non esagerino e si facciano troppo male. Mi disse che non è
loro abitudine bere il vino, ma in queste situazioni fanno di tutto e riescono
a trovarlo. Un giorno, mi disse, hanno rubato una bottiglia a un pastore nel
Vallone della Valletta. Non so come, senza romperla, l’hanno portata fino al
Lago Sella Superiore. L’hanno scolata al chiaro di luna ( quasi un litro, due
gnomi ), poi gli hanno rimesso il tappo e a cavalcioni si sono lanciati in
mezzo al lago cantando a squarcia gola. Di Rifugi qua intorno non ne hanno
risparmiato uno … e la colpa è sempre del ghiro o dell’ermellino. Si sfogano
così, prima o poi se ne faranno una ragione. Di gnome belle e in gamba ce ne
sono parecchie in giro, troveranno quella che fa per loro prima o poi. Ugo è un tipo molto sensibile, questo è stato
il suo più grande amore, quello vero, quello che lui riteneva definitivo.
La giornata finì così, ci
salutammo con l’intenzione di ritrovarci.
Ripresi la strada di casa, con lo zaino pieno di legni. La mia mente era
offuscata, e per niente sicura di quel che aveva visto. Comunque arrivai a
S.Anna che era quasi buio. Il mattino
dopo per me fu come svegliarmi da un lungo sogno. I miei pensieri tornavano al
giorno prima, al mio incontro con Lino, a quei monti e laghetti bellissimi, a
quelle storie di vita nuove, a quelle case scavate nella roccia e arredate
tutte in cirmolo, a chi vive fin quasi a 400 anni, a chi ha un profondo
rispetto per ciò che è la natura, a chi vive per il gusto di vivere senza
gerarchie di comando, se non quelle dettate dal mondo naturale, a chi si
organizza in base all’alternarsi delle stagioni , a chi si ciba di ciò che
offre la natura, a chi forse succhia fino in fondo la vera essenza della vita.
. In quell’autunno prima di
entrare nella casa insieme a Chiaraluna, Ugo le costruì una sorpresa . Una
sedia bellissima fatta da un pezzo unico di cirmolo, con un comodo schienale
nel quale ritagliò un cuore. Doveva essere la sedia sulla quale Chiaraluna
avrebbe cucito e creato le sue piccole opere, magari guardando il lago da una
finestra della casa. Lei non lo sa ancora. La sedia è là e Ugo ogni tanto la va
a trovare e dopo aver riempito il bicchiere, ci si siede sopra e sogna che un
giorno tutto si possa avverare.
Sgorbie da scultore Stubai, che vedete in questi link che ho messo io, sono i ferri che io utilizzo per scolpire e mi sento di consigliare. Sono ottimi ferri professionali che potete trovare su Amazon più tutta una serie di attrezzi utili collaterali indispensabili, come le pietre per affilare, o utili come i coltelli per fare le prime prove su qualsiasi pezzo di legno che trovate nel bosco o il mazzuolo da scultore indispensabile anche quello.
si resta incantati a leggere le tue scritture......
RispondiEliminaTroppo buona Loredana , Grazie !!
EliminaUna storia fantastica! Di quelle che un tempo i nonni raccontavano ai più piccoli durante le veglie nelle stalle. Quando ancora non c'era la televisione a rovinarci le giornate o a riempirci la testa di desideri di plastica.
RispondiEliminaGrazie Paolo per la tua genuinità! :) Quanto vorrei vivere anch'io in una realtà come la tua.
Michele
Questa è una storia che per come è stata raccontata rimane nel cuore perchè la si vive , si vedono i luoghi e i personaggi , si sentono le emozioni ; queste sono doti di scrittore . Bravissimo anche in questo !!!
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